Cosa fanno gli enti di ricerca in tema di corruzione?

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

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A voler essere ottimisti, la pessima perfomance dell’Italia nelle classifiche internazionali sulla corruzione, relativamente alla pubblica amministrazione potrebbe, in un prossimo futuro, migliorare  grazie alla legge 190/2012.

Tra le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione vi è l’obbligo in capo a ciascun ente di nominare un responsabile per la prevenzione della corruzione (Rpc).

Vediamo come si sono comportati finora i 21 enti pubblici di ricerca censiti dalla Civit, che recentemente ha assunto la denominazione di Anac (Autorità nazionale anticorruzione).

Ben quattro di essi fanno orecchie da mercante, essendo ancora ignoto il nominativo del Rpc all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), alla Stazione zoologica di Napoli (Szn), all’Istituto italiano di studi germanici (Iisg) e al Museo storico della fisica e centro studi e ricerche Enrico Fermi di Roma. Per questi ultimi due, data l’esiguità dell’organico, forse sarebbe più conveniente un provvedimento di soppressione degli enti.

Solo due enti di ricerca, il Cra e l’Asi, hanno pubblicato finora un piano triennale anticorruzione 2013-2015. Per tutti gli altri si dovrà attendere la prossima scadenza del 31 gennaio 2014, fissata dall’Anac.

Al Cnr hanno fatto le cose in grande e nominato Rpc addirittura il direttore generale, anche se alla designazione non sembra aver corrisposto finora alcuna attività. E dire che, solo sfogliando la pagina del Foglietto continuamente aggiornata sulle vicissitudini del più grosso ente di ricerca italiano, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta per l’apertura di istruttorie.

L’Istat, invece, non solo è stato tra i primi a designare il responsabile della prevenzione della corruzione ma ha inserito nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2013-2015 alcuni elementi che anticipano il Piano triennale anticorruzione individuando, ad esempio, “quale area esposta a rischio corruzione l’identificazione dei docenti per attività formative erogate dalla Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche” (sic!).  Tutto bene, quindi? Non proprio. Nonostante l’approvazione di un disciplinare per il conferimento degli incarichi di docenza e di esperto ai dipendenti Istat, che prevedeva la creazione di una banca dati dei dipendenti interessati a effettuare corsi di formazione, nulla è cambiato rispetto a prima. L’amministrazione, interpellata al riguardo, ha fatto sapere che per dare seguito al disciplinare ha necessità che sia predisposta una procedura informatica. Un semplice programma di anagrafica che in dieci mesi non è stato ancora messo a punto. Con buona pace del Rpc, il quale farebbe bene, se ancora non è intervenuto, ad occuparsi anche della gestione delle indagini statistiche per le quali sono state presentate negli ultimi mesi due interrogazioni parlamentari.

Qualche perplessità suscita la scelta dell’Istituto superiore di sanità (Iss), dove il 6 febbraio scorso è stato nominato Rpc il direttore centrale degli affari amministrativi e delle risorse economiche, ignorando nei fatti il rischio di un possibile conflitto di interessi ben evidenziato, peraltro, nella circolare della Funzione Pubblica, che pure viene correttamente ricordata nelle premesse del provvedimento. Analoga situazione si verifica all’Ingv, con la designazione del dirigente degli affari amministrativi e del personale.

Anche l’Enea e l’Ispra sembrano, però, aver trascurato le raccomandazioni della Funzione Pubblica (“è importante che la scelta ricada su un dirigente che si trovi in una posizione di relativa stabilità, per evitare che la necessità di intraprendere iniziative penetranti nei confronti dell’organizzazione amministrativa possa essere compromessa anche solo potenzialmente dalla situazione di precarietà dell’incarico”), conferendo l’incarico a un Dirigente Amministrativo a tempo determinato.

L’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), invece, non ha badato a spese. Prima ancora di nominare il Rpc, ha pensato bene di fissare la sua indennità in 8779,77 euro, seppure subordinata ai risultati conseguiti e al periodo di effettivo svolgimento della funzione.  Secondo l’amministrazione, il Rpc starebbe predisponendo il piano triennale anticorruzione e, quindi, avrà diritto al riconoscimento dell’indennità di risultato.

Ma la nomina del responsabile per la prevenzione della corruzione non è solo che l’inizio del percorso virtuoso definito dalla legge 190/2012. La norma prevede che entro il 15 dicembre di ciascun anno il dirigente incaricato pubblichi nel sito web dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta e la trasmetta all’organo di indirizzo politico dell’amministrazione.

Se qualcuno aspettava trepidante il resoconto del primo anno di attività è andato deluso perché il ministero della Funzione  Pubblica, con una nota di chiarimento del 12 dicembre, di dubbia legittimità, ha rinviato la pubblicazione al 31 gennaio 2015. Si sa del resto che quod differtur non aufertur. Coloro che hanno invece rispettato i termini di legge,  come ad esempio il Segretario Generale del comune di Modena, proveranno ancora una volta la sensazione che in Italia le leggi si fanno ma non si rispettano e che alla fine i furbi la spuntano sempre.

E se il buongiorno si vede dal mattino, le notizie che, in tema di lotta alla corruzione, giungono dagli enti di ricerca non sono poi così rassicuranti. Comunque, staremo a vedere.

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