L’Organismo di valutazione, un lusso da 500 mila euro per gli enti di ricerca

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

OIV

L’organismo indipendente di valutazione della performance (Oiv) è stato istituito con il decreto legislativo 150 del 2009, la ben nota riforma Brunetta della pubblica amministrazione.I membri dell’Oiv sono nominati per tre anni, rinnovabili una sola volta, dagli organi di vertice di ogni ente, acquisito il parere – non vincolante – dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac).

Il nuovo organismo, che svolge un ruolo fondamentale per la valutazione dei dirigenti e delle strutture e per l’assolvimento degli obblighi di trasparenza e integrità, è costituito in forma monocratica o collegiale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Date le premesse, ha destato non poco sconcerto, visitando il 4 aprile scorso la pagina ‘Amministrazione trasparente’, scoprire che gli enti pubblici di ricerca spendono complessivamente più di 500mila euro l’anno per i compensi corrisposti ai componenti dell’Oiv.

Gli importi non appaiono neanche adeguati alle dimensioni e alla complessità organizzativa dell’amministrazione stessa, visto che a spendere più di tutti è l’Inea con 157mila euro, seguita dall’Istat con60mila euro, dal Cnr con 46mila euro, dall’Isfol con 45mila euro e dal Cra con 39mila.

In tema di Oiv, non mancano altre irregolarità e stranezze nei ventuno enti pubblici di ricerca monitorati.

L’organismo risulta scaduto in sette enti, è in corso di rinnovo all’Istituto superiore di sanità e in altri mancano le informazioni sulla data di nomina. Ad essere regolarmente rinnovati al momento sono solo sei organismi (Enea, Cra, Inaf, Isfol, Infn e Ogs).

Il Piano della performance 2014-2016, una delle attività dell’Oiv, è pubblicato solo in sette enti (Enea, Ispra, Cnr, Asi, Isfol, Science Park, Centro Fermi), mentre in tutti gli altri non risulta aggiornato.

La delibera 12/2013 dell’Anac, che fissa i requisiti e il procedimento per la composizione dell’Oiv, stabilisce che non possono essere nominati coloro che hanno superato la soglia dell’età della pensione di vecchiaia.

Sotto questo aspetto non sembrano in regola Sergio Gargiulo all’Enea (pur avendo acquisito una deroga dall’Aran), Agostino La Bella al Cnr, Giovanni Succio all’Inea, Vladimir Nanut allo Science Park di Trieste, Carlo Bonifazi all’Asi.

In un recente articolo Il Foglietto si è poi occupato del Cra, che ha nominato Renato Ruffini presidente dell’Oiv (15mila euro), nonostante il parere negativo dell’Anac per i troppi incarichi ricoperti dallo stesso e per la violazione dell’equilibrio di genere.

Ma ciò che stupisce maggiormente è la presenza a titolo oneroso di dirigenti di enti di ricerca in Oiv di amministrazioni diverse da quelle di appartenenza.

Su tutti spicca Ida Marandola, dirigente generale, facente funzioni di direttore generale del Cra (185mila euro), ma anche membro dell’Oiv all’Inea, con un compenso di 45mila euro l’anno.

Lo stesso avviene per Nereo Zamaro, un dirigente di ricerca dell’Istat, che fa parte dell’organismo dell’Isfol, dove riceve 14mila e 400 euro. Di recente, poi, Tullio Pepe, dirigente dell’Ingv, è stato nominato in ben due organismi di valutazione: l’Istituto di alta matematica (Indam) e l’Istituto di studi germanici (Iisg), nonostante la delibera dell’Anac vieti l’appartenenza a più organismi di valutazione.

Sarebbe sufficiente che ogni ente di ricerca componesse il proprio Oiv utilizzando dirigenti interni, come peraltro fa attualmente l’Ispra, per conseguire un  risparmio di mezzo milione di euro l’anno.

Considerando che gli enti pubblici di ricerca rappresentano una parte infinitesimale nel panorama della pubblica amministrazione, un intervento radicale sul costo degli Oiv potrebbe far conseguire notevoli risparmi.

Nel dissestato Comune di Roma Capitale, tanto per fare un esempio, si potrebbe iniziare a risparmiare i 90mila euro l’anno che sono stati corrisposti dal 2011 a Livio Barnabò e Francesco Verbaro, quest’ultimo dirigente della Funzione Pubblica, recentemente rinnovati per un ulteriore triennio.

In tempi di spending review, l’azzeramento dei costi dell’Oiv sarebbe un segnale incoraggiante e, soprattutto, non arrecherebbe alcun danno alla collettività. Anzi.

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