Obiettivo di crescita a rischio ma per il Governo la crisi non c’è più

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

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Dopo la rovinosa caduta degli ultimi anni (-9% tra il 2007 e il 2014), il Pil torna finalmente a crescere nel 2015, anche se di poco.

In Italia, la ripresa è debole ed è stata finora sostenuta da condizioni esterne particolarmente favorevoli (il basso livello del prezzo del petrolio, i tassi di interesse ai minimi storici, il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro conseguente alle politiche monetarie espansive della Bce).

A meno di due mesi dalla fine dell’anno c’è, però, molta incertezza su quale sarà il risultato finale.

Nel Def di aprile, il Governo aveva indicato +0,7%, ma dai primi di settembre sia il premier Renzi che il ministro dell’economia Padoan hanno lasciato intendere che la crescita sarebbe stata più sostanziosa.

Con la Nota di aggiornamento al Def, il target è stato rivisto a +0,9% e, sulla base di tale valore, è stata impostata la manovra di bilancio per il prossimo anno, incluso il Documento programmatico di Bilancio inviato il 15 ottobre alla Commissione europea.

La revisione al rialzo delle stime per il 2015, ha trovato il consenso dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che ha validato il quadro macroeconomico programmatico, ritenendo plausibili le previsioni di una dinamica dell’attività economica nel terzo e quarto trimestre, simile a quella osservata nella prima metà dell’anno (0,3‐0,4 per cento).

La Commissione europea (Autumn Forecast) e l’Istat hanno ipotizzato, ai primi di novembre, un aumento del Pil dello 0,9% per il 2015. Ancor più ottimistica la Banca d’Italia che, nel corso dell’audizione parlamentare sulla Legge di Stabilità, si diceva convinta che gli ultimi dati italiani fanno pensare che la crescita del Pil quest’anno sarà superiore alle previsioni formulate in estate e potrà avvicinarsi all’uno per cento.

Come una doccia fredda è giunta, però, la stima preliminare del Pil, che dopo i primi due trimestri chiusi rispettivamente a +0,4% e a +0,3%, ha fatto segnare un rallentamento nella crescita del terzo trimestre (+0,2%).

Se nel quarto trimestre il Pil rimarrà invariato, la crescita acquisita per il 2015, sarebbe di +0,6%. Se, invece, tra ottobre e dicembre aumentasse tra 0,1% e 0,4%, l’anno si chiuderebbe a +0,7%. Per raggiungere +0,9%, l’ultimo trimestre dovrebbe far registrare una crescita congiunturale di 0,9%, un aumento che non si vede dai primi tre mesi del 2008, subito prima che iniziasse la grande crisi.

Un risultato assai improbabile, tenendo conto che nell’ultima parte dell’anno anche Expo ha chiuso i battenti, che il governatore della Bce Draghi intravede rischi al ribasso per il commercio internazionale e che i timori di un’escalation terroristica potrebbero ripercuotersi negativamente sulle economie europee.

Il Ministero dell’Economia confida in una revisione al rialzo del dato Istat, come già avvenuto nel precedente trimestre. Tuttavia, anche se il Pil del terzo trimestre dovesse passare da +0,2% a +0,3%, occorrerebbe comunque un +0,7% nel quarto, per arrivare a una crescita annuale di +0,9%.

Così, mentre la Commissione europea, che intravede il rischio di deviazione dall’obiettivo del pareggio di bilancio strutturale, ha rimandato alla prossima primavera un giudizio sull’Italia (era già accaduto negli anni precedenti), sprizza ottimismo il ministro meteorologo Padoan #ItalyIsBack, “perché il peggio è passato e finalmente si vede una schiarita all’orizzonte, oltre le nuvole della crisi”.