Garante della privacy e Anticorruzione: scoppia la guerra fra le Authority

di Franco Mostacci e Ferdinando Giammei
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

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I temi della legalità e della trasparenza nella gestione del denaro pubblico sono tornati in cima al teatrino della politica/annuncio a seguito degli ultimi scandali miliardari che vedono coinvolti, tra arrestati, indagati e “informati dei fatti”, importanti “pezzi” della politica, della Pubblica Amministrazione e perfino della stessa autorità giudiziaria.

Nel consiglio dei ministri di venerdì 13 giugno il Governo ha affidato a Raffaele Cantone poteri e strumenti straordinari per la lotta alla corruzione, sopprimendo l’autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (A.v.c.p.) e trasferendo tutti i suoi compiti e le risorse all’autorità anticorruzione (A.n.ac.).

Tutto bene dunque? Niente affatto. Quando si prova in qualche modo a penetrare nel fortino della pubblica amministrazione, immediatamente qualcuno alza le paratie stagne per evitare sia pur minimi fenomeni di “acqua alta”, che potrebbero favorire la piena accessibilità alle informazioni.

Ciò premesso, veniamo ai fatti.

Per oltre un mese dalla nomina a presidente dell’A.n.ac. Cantone si è ritrovato a lavorare praticamente da solo, con una sparuta pattuglia di 25 dipendenti “distaccati” e senza i 4 commissari di nomina governativa che completano l’organo collegiale. Per di più è stato coinvolto nella vicenda Expo 2015 senza che l’A.n.ac. avesse alcun potere di vigilanza sulla società pubblica alla quale è affidata l’opera.

Nel frattempo un’altra Authority, il Garante della Privacy, il cui parere era già stato acquisito prima di emanare il dlgs 33/2013 sulla trasparenza e l’integrità della pubblica amministrazione, ha sfornato le Linee guida in materia di protezione dei dati personali a seguito di numerose segnalazioni trasmesse dalle pubbliche amministrazioni stesse.

Basta dare un’occhiata al documento  finale per capire che, con la scusa della privacy, si rischia di infliggere un colpo mortale a quel poco che la PA ha messo finora a disposizione dei cittadini:

“… Si fa presente, altresì, che la diffusione di dati personali da parte dei soggetti pubblici effettuato in mancanza di idonei presupposti normativi è sanzionata ai sensi degli artt. 162, comma 2-bis, e 167 del Codice (in materia di protezione dei dati personali, ndr).
Inoltre, l’interessato che ritenga di aver subito un danno –anche non patrimoniale– in particolare per effetto della diffusione di dati personali, può far valere le proprie pretese risarcitorie, ove ne ricorrano i presupposti, davanti all’autorità giudiziaria ordinaria (art. 15 del Codice).
…È, quindi, consentita la diffusione dei soli dati personali la cui inclusione in atti e documenti da pubblicare sia realmente necessaria e proporzionata alla finalità di trasparenza perseguita nel caso concreto (cd. “principio di pertinenza e non eccedenza” di cui all’art. 11, comma 1, lett. d, del Codice).
Laddove l’amministrazione riscontri l’esistenza di un obbligo normativo che impone la pubblicazione dell’atto o del documento nel proprio sito web istituzionale è necessario selezionare i dati personali da inserire in tali atti e documenti, verificando, caso per caso, se ricorrono i presupposti per l’oscuramento di determinate informazioni.
… il soggetto pubblico può rendere riutilizzabili tali dati o accogliere eventuali richieste di riutilizzo degli stessi da parte di terzi, solamente dopo avere effettuato una rigorosa valutazione d’impatto in materia di protezione dei dati, al fine di ridurre il rischio di perdere il controllo sulle medesime informazioni o di dover far fronte a richieste di risarcimento del danno da parte degli interessati.
… Prima di pubblicare sul sito istituzionale i curricula, il titolare del trattamento dovrà pertanto operare un’attenta selezione dei dati in essi contenuti.
… si consiglia alle amministrazioni pubbliche responsabili dell’inserzione degli atti nell’albo pretorio online, di adottare gli opportuni accorgimenti tecnici per evitare l’indicizzazione nei motori di ricerca generalisti della documentazione contenente dati personali e pubblicata sull’albo pretorio online dei siti istituzionali degli enti locali …”

Il pericolo che la realizzazione della trasparenza “a tutto tondo” possa essere minacciata dalle predette Linee guida è ben chiaro a Cantone, che fin dal 6 maggio scorso ha inviato una prima lettera, al Garante Privacy, al secolo Antonello Soro, politico di lungo corso:

“…Da una lettura veloce, ma non superficiale, delle pur pregevoli Linee Guida, mi è sembrato di ritrovare non pochi profili di criticità rispetto sia alla ratio che alla lettera delle norme vigenti in materia di trasparenza.
La legge n. 190/2012 e il d.lgs. n. 33/2013, infatti, integrando l’impianto normativo delineato dalla legge 15/2009 e dal d.lgs. n. 150/2009, hanno chiaramente e volontariamente ampliato l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione delle regole sulla trasparenza, già indicando espressamente una serie di limiti in funzione proprio della protezione dei dati personali. Ulteriori limitazioni in questo senso, che dovessero derivare dall’applicazione delle medesime Linee Guida, rischierebbero di frustrare in modo significativo e rilevante gli obiettivi di trasparenza e la connessa necessità di diffusione degli open data nelle pubbliche amministrazioni
…Le chiederei, pertanto, di soprassedere all’immediata approvazione delle “Linee guida” per consentire un approfondimento tecnico sui singoli passaggi del provvedimento in corso di adozione, …”.

Soprassedere? Ma neanche per idea! Anzi gli avvenimenti successivi subiscono un’accelerazione incredibile, considerati i normali tempi di reazione della PA.

Il 9 maggio Cantone invia alcune Osservazioni al suo collega “auspicando che possano essere tenute in considerazione …”, ma è un auspicio mal riposto a giudicare dal contenuto delle Linee guida definitivamente approvate il 28 maggio.

In questa guerra tra Authority a gioire sono le pubbliche amministrazioni, che fin dall’inizio hanno mal digerito la nuova normativa e che ora avranno un motivo in più per ritardare o non pubblicare nella sezione ‘Amministrazione trasparente’ i contenuti previsti dal dlgs 33/2013.

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