Referendum, nelle grandi città la partita si è giocata (e persa) nelle periferie

di Franco Mostacci

pubblicato su LaVoce.info Referendum: una partita giocata in periferia

Le Tavole dettagliate per le 8 grandi città

L’analisi dei flussi elettorali rispetto al reddito fornisce interessanti spunti di riflessione anche per la recente consultazione referendaria sul lavoro e l’accesso alla cittadinanza italiana.

Il confronto è reso possibile dalla distribuzione per codice di avviamento postale (276 zone) delle dichiarazioni Irpef per l’anno 2024 (redditi 2023) delle città di Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Palermo, Bologna e Firenze, incrociate con i risultati elettorali nelle corrispondenti 7.709 sezioni in cui si è votato (non sono state considerate le sezioni speciali allestite per gli studenti fuori sede).

Il risultato del referendum è ben noto. Hanno votato solo 14 milioni di italiani, il 30,6% del corpo elettorale, ben lontano dal quorum di validità del 50%. Nei 4 quesiti sul lavoro il Sì è andato poco sotto il 90% dei voti validi, mentre i favorevoli a concedere il diritto alla cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza (invece dei 10 attuali) sono stati il 65%.

Nelle 7 grandi città dove vive il 13% degli elettori e si concentra il 16% del reddito complessivo degli italiani, con un circa 31 mila euro per individuo a fronte di una media nazionale di 24 mila e trecento, ha votato il 36,9% degli elettori, sei punti in più della media nazionale.

Rette di interpolazione dell’affluenza al voto ai Referendum dell’8 e 9 giugno 2025 nelle grandi città rispetto al reddito medio per zona


Fonte: elaborazione su dati del Dipartimento delle Finanze (statistiche fiscali), Ministero dell’Interno (Eligendo) e Uffici elettorali comunali

Nell’interpretare i dati vanno tenuti presenti almeno due fattori: la maggiore propensione al voto storicamente registrata nel Nord Italia rispetto al Centro e al Sud; l’invito all’astensione da parte dei partiti politici dell’attuale maggioranza (più radicati al Nord).

A Firenze e Bologna, le città dove si è andati più vicini al quorum, l’affluenza è stata maggiore nelle zone a minor reddito (inclinazione dall’alto verso il basso). Viceversa, a Palermo e Napoli, dove si sono registrate le percentuali minori l’andamento è opposto. A Roma, Milano, Genova e Torino il trend è quasi piatto, come lo è per la media delle grandi città. Le evidenze suggeriscono che nelle grandi città il fallimento del referendum è imputabile soprattutto alla mancata partecipazione degli elettori meno abbienti che vivono nelle periferie.

Rette di interpolazione dei favorevoli al reintegro in caso di licenziamento illegittimo (Referendum dell’8 e 9 giugno 2025 – Quesito 1) nelle grandi città rispetto al reddito medio per zona


Fonte: elaborazione su dati del Dipartimento delle Finanze (statistiche fiscali), Ministero dell’Interno (Eligendo) e Uffici elettorali comunali

Il 90,5% degli elettori delle grandi città ha votato in favore del reintegro in caso di licenziamento illegittimo (quesito 1), poco più della media nazionale. In tutte le città il consenso è stato maggiore nelle zone più povere, con un maggior numero di contrari al crescere del reddito. Le differenze all’interno dei capoluoghi sono notevoli. A Roma, ci sono quasi 15 punti di distanza tra il 94,4% di Sì a Centocelle, Togliatti, Alessandrino (cap 00172) e l’80,3% di Parioli, Villa Borghese (cap 00197). Il gap cresce a Milano, tra il 90,4% di favorevoli e Quarto Oggiaro, Roserio (cap 20157) e il 72,6% a City Life, Pagano (cap 20145). Più contenute le differenze a Napoli, con il 96,8% a San Giovanni a Teduccio (cap 80146) e l’87,7% a Mergellina (cap 80122). A Torino si oscilla tra il 91,4% di Borgo Vittoria (cap 10148) e il 79,8% di Gran Madre, Borgo Po, Villa della Regina (cap 10131). A Genova i Sì prevalgono con il 94,1% a Pontedecimo, Morego, San Quirico (cap 16163) e dieci punti in meno a San Giuliano (cap 16145) e Albaro (cap 16146). Meno marcate le differenze a Palermo, dove a Via Basile, Montegrappa (cap 90128) i consensi sono il 94,4%, mentre a Via Dante, Villa Trabia (cap 90141) il 91,1%. A Bologna, i favorevoli sono il 92,9% a San Donato, Viale Europa (cap 40127) e quasi dieci punti in meno a Via dei Colli, Via degli Scalini (cap 40136). Infine, a Firenze si sfiora il 92% a Isolotto, Ugnano (cap 50142) e Peretola (50145), mentre a Campo di Marte, Via Masaccio (cap 50132) non si arriva all’86%.

Rette di interpolazione dei favorevoli al diritto di cittadinanza dopo 5 anni di residenza (Referendum dell’8 e 9 giugno 2025 – Quesito 5) nelle grandi città rispetto al reddito medio per zona


Fonte: elaborazione su dati del Dipartimento delle Finanze (statistiche fiscali), Ministero dell’Interno (Eligendo) e Uffici elettorali comunali

Favorevoli a concedere il diritto di cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza (anziché gli attuali 10) sono stati il 73,5% degli elettori delle grandi città, 8 punti in più della media nazionale. Rispetto ai quesiti sul lavoro la situazione si ribalta. In tutte le grandi città, una percentuale più elevata di consensi si registra nelle zone a maggior reddito.

Anche considerando che si sono recati alle urne solo una parte degli aventi diritto, con orientamento politico prevalente di centro-sinistra e progressista, il messaggio appare chiaro. Le persone con reddito più alto (generalmente associato a un maggiore livello di istruzione), che vivono nelle zone a maggior pregio, sono più favorevoli all’inclusione. Viceversa, chi vive nelle periferie delle città, a più stretto contatto con gli immigrati stranieri, è meno propenso all’ampliamento dei requisiti.

Sono contrari quasi il 40% dei votanti di Quarto Oggiaro, Roserio (cap 20157) a Milano; più del 30% a Piazza Garibaldi, Stazione (cap 80142) a Napoli; oltre il 40% nelle circoscrizioni 5 (Borgo Vittoria, Madonna di Campagna, Lucento, Vallette) e 6 (Regio Parco, Barriera di Milano, Falchera, Rebaudengo, Barca-Bertolla, Villaretto) di Torino; stessa percentuale di contrari tra gli elettori di Cornigliano (cap 16152) a Genova; un terzo di quelli di Corso dei Mille, Messina Marine (cap 90122) a Palermo e di Peretola (cap 50145) a Firenze; più del 30% dei votanti di Borgo Panigale (cap 40132) a Bologna.

Ricapitolando, in un contesto di sempre maggiore disaffezione al voto degli italiani (alle Politiche del 2022 ha votato solo il 62% e alle Europee del 2024 meno del 50%), il raggiungimento del quorum di almeno il 50% degli aventi diritto, per la validità di un referendum abrogativo, è divenuto quasi impossibile (l’ultima volta fu nel 2011 quando si votò per l’acqua pubblica).

I quattro quesiti per le maggiori tutele sul lavoro, proposti dalla Cgil, avrebbero dovuto attirare maggiormente le persone che hanno un reddito più basso e vivono nelle periferie delle grandi città, quelle più economicamente a rischio di povertà in caso di licenziamento, lavoro a termine, infortuni. Effettivamente, rispetto alle altre consultazioni elettorali, in cui ha prevalso una maggiore partecipazione al voto delle classi più abbienti, all’ultimo referendum la situazione si è quanto meno bilanciata (ma non al Sud), però lo spostamento è stato insufficiente. Il mancato coinvolgimento della maggioranza silenziosa, quella che non vota e non partecipa attivamente alla vita politica, è stato ancora una volta decisivo. Con un’ulteriore riflessione: se gli esclusi fossero andati in massa a votare, avrebbero da un lato ottenuto maggiori tutele sul lavoro, ma dall’altro avrebbero espresso la loro contrarietà alla concessione della cittadinanza italiana agli immigrati stranieri.