Per Cantone, nuovo presidente dell’Autorità anticorruzione, la strada è tutta in salita

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

cantone

Il 28 aprile scorso Raffaele Cantone si è insediato alla presidenza dell’Autorità nazionale anticorruzione, dopo aver raccolto l’unanimità dei consensi in entrambe le commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato, un evento alquanto raro di questi tempiIn un’intervista rilasciata a Radio24, Cantone non nasconde, però, le preoccupazioni sull’effettiva possibilità di assolvere pienamente il mandato.

In primo luogo, dovranno essere nominati i 4 componenti che lo affiancheranno nell’arduo compito. Spetta ora al ministro della Funzione Pubblica individuarli tra la rosa dei 213 candidati che hanno risposto alla manifestazione di interesse e sottoporli all’approvazione dei 2/3 dei componenti delle commissioni affari costituzionali di Camera e Senato. Visti i 4 mesi di ritardo accumulati nella nomina dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (il fiscal council italiano), non c’è da stare molto tranquilli. Nel frattempo – come afferma  Cantone – egli dovrà limitarsi a svolgere l’attività ordinaria.

Secondo il neo presidente, una delle criticità da affrontare è il sistema sanzionatorio previsto sia dalla legge anticorruzione 190/2012 che dal decreto legislativo sulla trasparenza 33/2013. Il problema è che ad applicare le multe dovrebbero essere le stesse amministrazioni che hanno trasgredito. Sarebbe, invece, molto più efficace che il potere sanzionatorio fosse affidato all’Authority, così come avviene in altri settori.

Cantone sogna l’avvento di una “buona trasparenza, che va realizzata in modo da rendere fruibile realmente al cittadino la notizia”. Si tratta, quindi, di lavorare su due fronti: in primo, luogo far rispettare le regole  – e il percorso è ancora lungo, perché dopo un anno non tutte le amministrazioni si sono ancora adeguate – e il secondo è quello di migliorare gli standard reali di trasparenza.

Che la strada da percorrere sia ancora lunga, lo testimonia un documento che il consiglio direttivo uscente dell’Authority ha trasmesso al Ministro della Funzione pubblica, con il quale denuncia che “a distanza di due mesi dalla scadenza del termine per l’adozione e la trasmissione al Dipartimento della Funzione pubblica dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, l’Autorità non è stata messa in condizione di accedere ai relativi dati per l’esercizio della doverosa attività di vigilanza”.

Se non proprio di rivalità si deve, comunque, registrare un dualismo assai poco comprensibile. La  presenza di un Dipartimento anticorruzione presso il Ministero della Funzione Pubblica, infatti, va a sovrapporsi all’Autorità anticorruzione, creando una duplicazione di compiti e di funzioni.

Emblematico il caso degli enti pubblici di ricerca, in cui sta diventando un denominatore comune la nomina del direttore generale a Responsabile per la prevenzione della corruzione (Rpc) scelta che, sebbene non esplicitamente esclusa, è quanto meno inopportuna, non fosse altro che per la centralità del ruolo e per il vincolo fiduciario che lega il dg all’organo di indirizzo politico che l’ha nominato.

A Cnr, Isfol, Ogs e Szn si è aggiunto da poco anche l’Istat, con la nomina a Rpc di Paolo Weber, che già cumula le cariche di direttore generale facente funzioni e di direttore per l’attività amministrativa e gestione del patrimonio.

La designazione, evidentemente, non ha tenuto conto delle disposizioni impartite con una circolare della Funzione Pubblica in cui si raccomanda che “nell’effettuare la scelta (di responsabile per la prevenzione della corruzione, ndr) occorre tener conto dell’esistenza di situazioni di conflitto di interesse, evitando, per quanto possibile, la designazione di dirigenti incaricati di quei settori che sono considerati tradizionalmente più esposti al rischio della corruzione, come l’ufficio contratti o quello preposto alla gestione del patrimonio”.

Appare più che condivisibile la preoccupazione di Cantone, essendo alquanto problematica in questa situazione l’applicazione di sanzioni dirigenziali o disciplinari in caso di inadeguato adempimento delle funzioni.

Non resta che sperare che l’Autorità nazionale anticorruzione sia messa presto in grado di funzionare a pieno regime e senza interferenze, per rimuovere le resistenze  ancora presenti un po’ ovunque e affermare finalmente la piena trasparenza e la lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione.

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