La manovrina varata dal Governo è solo un anticipo di quello che ci aspetta

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

saccomanni

A distanza di quasi una settimana dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri, ancora non è noto il testo del decreto legge sulla manovra correttiva da 1,6 miliardi, fortemente voluto dal ministro dell’economia per riportare i conti pubblici al di sotto della soglia del 3% di deficit rispetto al Pil.

Ciò che da tempo era evidente a molti, era stato negato con pervicacia in più occasioni non solo da Saccomanni (“non servirà manovra bis“), ma anche da Zanonato (“non sforeremo, siamo sotto il 3%“), Giovannini (“non è prevista alcuna manovra correttiva“), Fassina (“nessuna manovra correttiva a settembre“) e D’Alia (“nessuna manovra correttiva“).

Però, con la pubblicazione della Nota di aggiornamento al Def del 20 settembre scorso i nodi – come si suol dire – sono venuti al pettine, anche se ancora una volta il Governo ha varato un provvedimento quantitativamente insufficiente e opinabile nell’individuazione delle coperture.

Le ultime previsioni del Governo indicano per il 2013 un Pil di 1.557,3 miliardi di euro e un indebitamento netto di  48,7 miliardi di euro. Pertanto, considerando che il 3% del Pil sono 46,7 miliardi di euro, all’appello ne mancano 2 e non 1,6, con una differenza di 400 milioni.

Ammesso che le entrate tributarie degli ultimi tre mesi del 2013 saranno in linea con le previsioni, per far quadrare i conti mancherebbero comunque i circa 2,5 miliardi di euro della seconda rata Imu sulla prima casa (che al momento non è stata ancora eliminata) e almeno 1,6 di mancate entrate contributive rispetto alle ottimistiche stime governative. Sempre che le uscite non crescano ulteriormente e il Pil non peggiori.

La manovra correttiva, per essere realmente efficace e offrire un margine di sicurezza, doveva essere di 6,5 miliardi di euro e non di 1,6.

Ma veniamo alle coperture finanziarie che, stando alle parole pronunciate in conferenza stampa da Saccomanni, si orienterebbero su tre linee: 500 milioni di introiti per la vendita di patrimonio immobiliare alla Cassa Depositi e Prestiti; 550 milioni di tagli semilineari ai ministeri (con esclusione di sanità, università e ricerca); 550 milioni di minori trasferimenti degli enti locali.

Sul primo punto, c’è da osservare che l’alienazione di immobili non è il miglior modo per fare cassa con urgenza quando si è a corto di liquidità, a meno che non si voglia svendere. Infatti, il Governo ha fatto ricorso a uno stratagemma, bypassando la Società di Gestione del Risparmio, appositamente costituita nel 2010, e cedendo il pacchetto di immobili a Cassa Depositi e Prestiti, la cui principale fonte di raccolta è il risparmio postale, cioè i soldi dei cittadini. Solo successivamente CDP si preoccuperà di rivendere gli immobili sul mercato, cercando di guadagnarci o di non rimetterci. Secondo alcuni, nel pacchetto potrebbero finire anche le spiagge demaniali, un bene pubblico inalienabile, che in questo modo sarebbero poi acquistate dagli attuali concessionari che da sempre ne rivendicano la proprietà.

Quanto ai 550 milioni di risparmio sulle spese correnti dei ministeri, difficilmente, a fine anno, senza un’adeguata programmazione, si riuscirà a incidere in maniera strutturale sugli sprechi della pubblica amministrazione, uno su tutti i canoni di locazione delle sedi. Si finirà, probabilmente, ancora una volta per tagliare servizi essenziali ai quali i cittadini dovranno far fronte di tasca loro.

Da decifrare, infine, la portata effettiva dei minori trasferimenti degli enti locali per 550 milioni di euro. Se si trattasse solo di un minor trasferimento dallo Stato, non avrebbe alcun effetto benefico sull’indebitamento consolidato, ovvero calcolato per la pubblica amministrazione nel suo complesso. Come pure se si trattasse di un semplice differimento all’anno prossimo nei pagamenti, in quanto l’indebitamento è calcolato per competenza e non per cassa.

Per capirne qualcosa di più dovremo attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge sulla manovrina e seguirne l’iter di approvazione in Parlamento, che avverrà parallelamente alla conversione della Legge di Stabilità, che sarà presentata oggi dal Governo e per la prima volta dovrà subire anche l’approvazione preventiva della Commissione europea, attesa per il 15 novembre.

Una cosa appare certa. Da qui alla fine dell’anno, la partita dei conti pubblici deve considerarsi tutt’altro che conclusa e, per questo, assisteremo a numerosi colpi di scena.

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