L’attività di prevenzione della corruzione nei Comuni d’Italia nel 2014

di Franco Mostacci

squitieri

Entro il 31 gennaio 2014 le amministrazioni comunali dovevano approvare il Piano triennale di prevenzione della corruzione (Ptpc) 2014-2016. Non si trattava, però, di un mero adempimento formale, perché successivamente il piano di prevenzione doveva essere attuato. Per questo motivo l’autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha disposto che tutti gli enti pubblicassero sul proprio sito internet entro il 31 dicembre il resoconto dell’attività di prevenzione della corruzione svolta nell’anno.

La relazione ha assunto la forma di un questionario in formato Excel da compilare secondo uno standard reso disponibile dall’Anac.

Per avere un’idea di cosa è accaduto sono state messe a confronto i principali Comuni d’Italia.

tavola Relazioni RPC Comuni anno 2014

Nei 21 Comuni capoluogo di regione e Province autonome, prestano servizio 1.149 dirigenti e 81.381 non dirigenti. Il numero effettivo è maggiore di quanto riportato, poiché mancano i dati di Bolzano e Milano non ha indicato la totalità del personale ma solo i responsabili di struttura (536). Il record di dirigenti (219) e altri dipendenti (23.317) spetta a Roma.

Controlli sulla gestione delle misure di trattamento dei rischi di corruzione – Sono stati effettuati da tutti i comuni ad eccezione di Bolzano, Genova, Firenze, L’Aquila e Cagliari.

Ulteriori misure rispetto a quelle obbligatorie – Solo 12 Comuni hanno previsto misure ulteriori.

Informatizzazione del flusso di informazioni della sezione ‘Amministrazione trasparente’ – E’stata realizzata in 13 Comuni (Torino, Milano, Bolzano, Trento, Venezia, Bologna, Firenze, Perugia, Ancona, Roma, Campobasso, Bari, Cagliari).

Richieste di accesso civico – Sono pervenute in totale solo 100 richieste di accesso civico ex articolo 5 Dlgs 33/2013 sulla trasparenza in 11 Comuni (Torino, Milano, Bolzano, Venezia, Trieste, Genova, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Cagliari). E’ da rilevare che nella sola città di Roma sono pervenute 53 richieste di accesso civico, il 53% del totale nazionale.

Formazione specifica sulla prevenzione della corruzione – La formazione, con diverse modalità di erogazione e fruizione, è stata erogata in tutti i Comuni a eccezione di Milano e Bari.

Rotazione del personale – Ha interessato 231 unità in 8 Comuni: 5 a Venezia, 37 a Trieste, 18 a Firenze (dato stimato), 116 a Roma (il 50% del totale nazionale), 8 a L’Aquila, 5 a Potenza, 16 a Reggio Calabria e 26 a Palermo. Trattandosi di una misura fondamentale per la prevenzione della corruzione, soprattutto in alcuni settori in cui il rischio cresce con la cristallizzazione delle posizioni, la mancata attuazione dei provvedimenti di rotazione del personale, soprattutto a livello dirigenziale, è un elemento fortemente negativo.

Insussistenza delle cause di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi – La dichiarazione, a cura del dirigente in carica, prevista dal dlgs 39/2013, è stata raccolta in tutti i Comuni.

Segnalazione di situazioni di incompatibilità per particolari posizioni dirigenziali – Si registrano segnalazioni solo a Torino, Bolzano, Roma e Palermo.

Monitoraggio di situazioni in cui dipendenti pubblici cessati dal servizio sono stati assunti o hanno svolto incarichi professionali presso soggetti privati destinatari dell’attività dell’amministrazione – Le situazioni di pantouflage sono state monitorate solo a Perugia, Ancona e Potenza, pur essendo previste in alcuni piani triennali di prevenzione della corruzione.

Monitoraggio del divieto di presenza dei condannati nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici – La disposizione, introdotta con la legge anticorruzione 190 del 2012, è stata oggetto di verifica solo in 7 Comuni (Trento, Venezia, Genova, Ancona, Campobasso, Potenza, Palermo).

Autorizzazioni allo svolgimento di incarichi – In tutti i Comuni sono concesse autorizzazioni per lo svolgimento di incarichi.

Attivazione della procedura per la segnalazione di illeciti da parte dei dipendenti (whistleblowing) – La procedura, che dovrebbe garantire l’anonimato del segnalante, per tutelarlo da possibili azioni discriminatorie e ritorsioni, è stata attivata in 15 Comuni. Sono pervenute solo 8 segnalazioni (2 a Venezia, 3 a Trieste, 3 a Roma). L’assenza sostanziale di whistleblower denota o l’insussistenza di situazioni da segnalare o, molto più probabilmente, l’inadeguatezza della legislazione e degli strumenti predisposti dagli enti.

Adozione del codice di comportamento dei dipendenti pubblici – Le disposizioni previste dal Dpr n. 62/2013 sono state adattate in tutti i Comuni tranne L’Aquila.

Segnalazione di responsabilità disciplinari o penali legate ad eventi corruttivi – Sono pervenute nel biennio 2013-2014 78 segnalazioni in 13 Comuni. Il maggior numero si registra a Roma (22), Napoli (13) e Bari (13).

Avvio di procedimenti disciplinari per fatti penalmente rilevanti a carico di dipendenti – In totale, nel biennio 2013-2014 sono stati avviati 506 provvedimenti disciplinari per fatti penalmente rilevanti in tutti i Comuni tranne Perugia e Cagliari. I procedimenti disciplinari hanno dato luogo a 4 multe; 71 sospensioni dal servizio con interruzione della retribuzione, 30 licenziamenti e 8 provvedimenti di altro tipo. Si deve, però, far presente che i dati di Roma sono fino al 30 novembre 2014, prima dei provvedimenti penali avviati dall’indagine ‘Mafia Capitale’.

Fatti penalmente rilevanti riconducibili a reati relativi a eventi corruttivi – I reati relativi a eventi corruttivi nei Comuni sono 83, di cui 20 casi di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, 20 di peculato, 13 di concussione e 30 per reati di altro tipo.

L’analisi dei risultati sembra dimostrare la scarsa considerazione che le amministrazioni hanno nei confronti delle misure di prevenzione della corruzione, che sono viste più come un adempimento burocratico e un fastidio che, come l’occasione per combattere questo male endemico che genera extra costi a carico dei cittadini.

Un discorso a parte merita la situazione di Roma Capitale, che da dicembre scorso è stata investita dall’inchiesta giudiziaria ‘Mondo di mezzo’ conosciuta anche come ‘Mafia Capitale’.

Il responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione Italo Walter Politano, risulta indagato per associazione di tipo mafioso. Al suo posto è stato nominato Luigi Maggio, vice segretario comunale.

Dal confronto emerge che Roma si trova al primo posto delle classifiche nazionali della corruzione. Pur risultando attivate la maggior parte delle disposizioni previste dalla legge, anche grazie all’azione di monitoraggio svolta sia dall’Autorità nazionale anticorruzione sia dall’Osservatorio trasparenza del Movimento 5 Stelle di Roma, si evidenziano soglie di attenzione elevate rispetto alle altre città.

Da un lato giocano un ruolo fondamentale le dimensioni e l’importanza di Roma, ma dall’altro sembra evidenziarsi una peculiarità che prescinde da tali fattori e conferma la necessità di capire fino in fondo se si è in presenza di ‘mele marce’ isolate o se la corruzione nella Capitale d’Italia, a differenza degli altri Comuni, ha natura sistemica.

E’ anche da considerare che i dati della relazione si fermano al 30 novembre, cioè prima che scoppiasse il caso ‘Mafia capitale’ e non includono né la ‘retata’ della Guardia di Finanza del 8 gennaio 2015, con 28 ordini di custodia cautelare per corruzione, concussione e tangenti che vedono implicati tra gli altri alcuni funzionari dei municipi XIII e XIV né quella del 2 febbraio 2015, con 11 ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di funzionari e tecnici del IX dipartimento preposti al rilascio delle concessioni edilizie. Altrimenti i numeri sarebbero ben maggiori.

Nel biennio 2013-2014 a Roma è pervenuto il numero più alto di segnalazioni di responsabilità disciplinari o penali legate ad eventi corruttivi, 22 su 78 in tutta Italia (28%). Sono stati avviati 78 procedimenti disciplinari su 506 complessivi (15%) per fatti penalmente rilevanti, che hanno dato luogo a 8 licenziamenti, 7 sospensioni dal servizio con privazione della retribuzione, 1 multa e 1 sanzione di altro tipo. Un altro triste primato è rappresentato dai 25 procedimenti riconducibili a reati relativi a eventi corruttivi, di cui 2 casi di peculato, 7 di concussione e 5 di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio (tutti, giova ripetere, precedenti all’indagine ‘Mafia Capitale’).

Se rapportati al numero totale di dipendenti le percentuali sono risibili, ma si tratta di capire se quanto è emerso è solo la punta dell’iceberg e i fatti di attualità sembrerebbero far propendere per questa ipotesi.

Una considerazione a parte merita il capitolo delle rotazioni di personale, una tra le principali misure di prevenzione che le amministrazioni dovevano adottare. Roma ha effettuato 116 spostamenti su 231 in tutta Italia, il 50%. Di fatto, però, ad eccezione della massiccia rotazione dei Vigili Urbani che ha destato non poche polemiche in relazione con la pandemia di Capodanno e la sostituzione di qualche dirigente implicato nell’inchiesta ‘Mafia Capitale’, la misura della rotazione del personale non è stata applicata.

Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione 2015-2017 approvato dalla Giunta Capitolina lo scorso 30 gennaio è praticamente la fotocopia di quello dello scorso anno, nonostante il terremoto giudiziario che ha investito l’amministrazione del Comune di Roma. Al contempo, il neo assessore alla legalità e alla trasparenza Alfonso Sabella ha redatto un insieme di regole per la gestione degli appalti che dovrebbero contrastare i fenomeni di corruzione. Ora, però, sono attese alla prova dei fatti.

Il Presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2015 ha lanciato un grido d’allarme contro la corruzione: “…Il pericolo più serio per la collettività è una rassegnata assuefazione al malaffare, visto come un male senza rimedi… E’ questo il metro su cui la Corte e noi tutti dovremo misurare il successo del nostro operato: rendere spedita e trasparente l’azione pubblica, vigilando sulla coerenza dei risultati con gli obiettivi proposti; intervenire sui comportamenti illeciti, fornendo risposte credibili alle attese dei cittadini, già fortemente provati dalle incertezze del difficile periodo che l’Italia e, più in generale, l’Europa sta attraversando…”.

Proprio ciò che non si coglie dalla lettura delle relazioni sulla prevenzione della corruzione dei principali Comuni d’Italia.