Ripresa economica sempre più lontana con la politica degli annunci

di Franco Mostacci
pubblicato su Il Foglietto della Ricerca
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Il tunnel in fondo al quale si intravede la luce della ripresa si è allungato ancora e la colpa è attribuita nuovamente al quadro internazionale, che risulta peggiore del previsto.

Aveva iniziato Mario Monti nel 2012, quando nel prendere atto che la recessione era ben più grave di quanto pronosticato, dichiarava di vedere la luce della ripresa per il 2013. Aveva, poi, proseguito Enrico Letta nel 2013, insieme al suo ministro dell’economia  Saccomanni, nell’illudere gli italiani che per vedere una graduale crescita si doveva attendere il 2014.

Il cambio al vertice avvenuto quest’anno non ha mutato la politica degli annunci. Il duo Renzi-Padoan, nel magnificare l’azione di governo, ha  previsto ad aprile con il Documento di economia e finanza (Def) un aumento del Pil dello 0,8%, una stima ritenuta dagli stessi persino troppo timida.

Sono passati, da allora, solo tre mesi, ma si sta ormai affermando la convinzione che, se tutto andrà bene, il 2014 si chiuderà senza crescita alcuna. Solo negli ultimi giorni le stime della Banca d’Italia e del FMI hanno posto l’asticella allo 0,2-0,3%, con rischi al ribasso, e assegnano all’Italia la maglia nera, come peggiore tra le quattro grandi economie dell’Unione europea.

Di ciò non sembra dolersene affatto il premier Renzi, che in un’intervista a Alan Friedman ha dichiarato che ”la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone”. Un’affermazione  estremamente grave, che denota una totale ignoranza dei temi economici oppure una scarsa considerazione del livello dell’occupazione, che cresce di pari passo con il Pil.

Se da un lato è vero che la congiuntura economica internazionale non sta aiutando il nostro Paese, riducendo il traino dell’export, è altrettanto vero che nei primi cinque mesi di governo Matteo Renzi ha fatto ben poco per imprimere una svolta alla situazione economica italiana. L’unica misura rilevante è il bonus di 80 euro mensili, riservato ai lavoratori dipendenti della classe media, che sta rivelando nel tempo la sua inefficacia. Si è trattato solo di un’abile manovra di propaganda elettorale, che non porta alcun beneficio né in termini di crescita né di effetti redistributivi, per di più in gran parte finanziata aumentando la tassazione.

Ma cosa ci attende per i mesi a venire? Il prossimo 6 agosto l’Istat diffonderà i conti economici relativi al secondo trimestre del 2014. Secondo le anticipazioni dello stesso Istituto, la variazione del Pil sarà compresa tra -0,1% e +0,3%. Se si dovesse attestare in prossimità dei livelli minimi, si avrebbe la certezza che per quest’anno la crescita non ci sarà.

Il 20 settembre sarà diffusa dal Ministero dell’Economia la Nota di aggiornamento al Def, ma solo due giorni dopo l’Istat diffonderà le nuove stime del Pil che terranno conto, tra l’altro, dell’apporto delle attività illegali: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (sigarette, alcool). La rivalutazione del livello del Pil avrà effetti benefici sui rapporti fondamentali di finanza pubblica, che riguardano il deficit e il debito pubblico, ma si tratterà solo di una piccola boccata d’ossigeno.

Anche se il governo esclude al momento il ricorso a manovre correttive, la pressione fiscale, di per sé già elevata, è destinata a crescere grazie alla nuova tassa comunale Iuc (Imu, Tasi e Tari) e la prossima legge di stabilità dovrà trovare risorse per almeno 20 miliardi di euro per il 2015. E mentre il ministro Padoan è andato a vendere in Cina una quota delle partecipazioni societarie di Snam e Terna, Matteo Renzi punta tutto sulle riforme istituzionali, come se l’abolizione del Senato elettivo rappresenti la panacea dei nostri mali.

Con oltre 80 miliardi di euro l’anno di interessi sul debito pubblico, molti dei quali corrisposti a investitori stranieri e a speculatori finanziari, l’Italia continua sempre più a impoverirsi.

Ma agli italiani sembra che vada bene così, visto l’ampio consenso dato al PD di Matteo Renzi in occasione delle ultime consultazioni elettorali per il rinnovo del parlamento europeo.

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