Grandi comuni al voto: l’analisi dei bilanci

di Franco Mostacci

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Solo in due dei cinque grandi Comuni italiani che vanno al voto si ricandida il Sindaco uscente (Roma e Milano), ma per l’elettore è comunque importante valutare la capacità amministrativa della Giunta uscente.Nonostante le difficoltà dello scorso anno (sospensione delle rette di asilo nido, mense scolastiche, tassa di occupazione del suolo pubblico e tariffa sui rifiuti per gli esercizi commerciali costretti al lockdown, minor gettito dalle contravvenzioni stradali e maggiori spese per la sanificazione e per interventi sociali, tanto per citarne alcune) i Comuni hanno mostrato una buona resilienza, chiudendo il rendiconto 2020 senza grossi scossoni.

Anzi, in attesa di conoscere gli esiti della certificazione inviata al Ministero dell’economia lo scorso 31 maggio, sulle perdite di gettito e le maggiori spese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato, un dato è certo: ad eccezione di Torino che storicamente non ha disponibilità di cassa, le grandi città hanno aumentato la liquidità per far fronte alle spese.

Saldo di cassa al 31 dicembre 2019 e 2020 nelle grandi città (euro)
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Fonte: Rendiconto di esercizio delle amministrazioni comunali

A Milano la liquidità ha superato i 2 miliardi di euro (quasi 200 milioni in più di fine 2019), a Roma stabilmente sopra il miliardo di euro l’incremento è stato di 100 milioni, a Bologna 75 milioni in più e a Napoli il saldo di cassa è cresciuto di oltre 300 milioni.

Il risultato è stato possibile perché il calo delle entrate proprie è stato compensato dai maggiori trasferimenti per la spesa corrente e per gli investimenti a carico del bilancio statale.

A beneficiarne maggiormente è stata Napoli con 544 milioni in più rispetto al 2019 (126 per la spesa corrente e 418 per gli investimenti), a seguire Milano con quasi 500 milioni, Roma 439, Torino 192 e Bologna 65.

Napoli e Torino hanno anche avuto accesso a nuovi mutui accesi presso Cassa Depositi e Prestiti per pagare creditori, rispettivamente per circa 500 e 200 milioni, ma nel capoluogo partenopeo l’iniezione di liquidità non sembra aver raggiunto lo scopo, visto che al 31 dicembre 2020 i debiti commerciali scaduti ammontavano a 600 milioni, 140 in più rispetto all’anno precedente.

L’analisi dei rendiconti 2020 permette anche di tracciare un bilancio provvisorio del mandato quinquennale, in attesa di verificare come sono state gestite le risorse nell’ultimo anno in carica, il 2021. La graduatoria che sintetizza gli indicatori standardizzati di risultato di 9 grandi città italiane (tra cui le 5 che andranno al voto) fornisce una misura della capacità amministrativa dei Comuni.

Risultato di amministrazione, debiti e indicatori nelle grandi città – 2016 e 2020 (importi in euro)
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Fonte: Rendiconto di esercizio e Piano degli indicatori di risultato delle amministrazioni comunali, Demo.istat.it per la popolazione – (*) Ai debiti finanziari di Roma Capitale vanno aggiunti 4,7 miliardi circa (dato 2019) della quota capitale del debito storico affidato alla gestione commissariale (**) Per Roma Capitale l’incidenza tiene conto dei 200 milioni aggiuntivi a carico del bilancio ordinario versati alla gestione commissariale.

Al 31 dicembre 2020 Roma aveva un disavanzo di mezzo miliardo di euro. Un valore in calo di 220 milioni rispetto al 2016 (come prevedono i vincoli di finanza pubblica) ma l’obiettivo è stato raggiunto riducendo di oltre 400 milioni la parte destinata a investimenti.
Il Sindaco che sarà eletto troverà un’eredità di 9 miliardi di euro di residui attivi, in aumento di 1,1 miliardi rispetto al 2016 (per la scarsa capacità di riscossione), di cui oltre la metà iscritti nel Fondo crediti di dubbia esigibilità (peraltro ancora non pienamente valutato) e quindi 5 miliardi e passa di tasse ed entrate extratributarie che non saranno mai versate, ai quali va aggiunto un altro miliardo circa di crediti cancellati tra il 2017 e il 2020.
I debiti sono stati complessivamente ridotti di un miliardo, in gran parte ascrivibile all’abbattimento dello stock di crediti vantati dai fornitori.
La popolazione è diminuita in 4 anni di 27 mila unità (quasi tutti nel 2020); la spesa per il personale è cresciuta da 366 a 402 euro per abitante (riflettendo sia l’aumento del numero dei dipendenti che il calo dei residenti); gli investimenti procapite sono rimasti quasi invariati; la sostenibilità del debito finanziario e l’incidenza degli interessi passivi è migliorata; i fornitori sono pagati con 11 giorni di ritardo sulla scadenza delle fatture (non certo per mancanza di liquidità) ma i progressi fatti dal 2016 quando il ritardo medio era di 57,51 giorni sono notevoli; la capacità di riscossione delle entrate tributarie non arriva al 50%; la capacità di pagamento della missione di spesa destinata al sociale non solo è bassa ma si è ridotta di 5 punti.
Nella graduatoria che sintetizza il piano degli indicatori di 9 grandi città italiane Roma è terzultima, con un punteggio ampiamente negativo e in peggioramento dal 2016.
Il comune di Milano presenta un avanzo che si è consolidato dai 10 milioni del 2016 ai 222 del 2020, in buona parte dovuti però alla riduzione di 150 milioni della quota destinata a investimenti.
Il saldo di cassa è quasi raddoppiato, i residui attivi e passivi sono alquanto stabili, mentre il fondo pluriennale vincolato in conto capitale per spese di investimento non effettuate è salito a 1,2 miliardi di euro. Il Fondo crediti di dubbia esigibilità (peraltro ancora non pienamente valutato) rappresenta il 57% dei residui attivi, con oltre 2 miliardi di tasse ed entrate extratributarie che non saranno mai versate, ai quali vanno aggiunti altri 800 milioni circa di crediti cancellati tra il 2017 e il 2020.
Con oltre 5 miliardi il capoluogo meneghino è il Comune più indebitato d’Italia (considerando per Roma la sola gestione ordinaria), anche se si registra dal 2016 una riduzione di 300 milioni.
La popolazione è aumentata in 4 anni di 34 mila unità, peraltro con una perdita di quasi 10 mila residenti nel 2020; la spesa per il personale si è ridotta da 478 a 459 euro per abitante; gli investimenti procapite sono raddoppiati; la sostenibilità del debito finanziario e l’incidenza degli interessi passivi sono sotto controllo; i fornitori sono pagati 5 giorni prima della scadenza delle fatture e non più in ritardo di 17,5 giorni come avveniva nel 2016; la capacità di riscossione delle entrate tributarie è discreta anche se ha avuto una flessione nel 2020; la capacità di pagamento della missione di spesa destinata al sociale si ferma ai 2/3 del totale e andrebbe migliorata.
Nella graduatoria che sintetizza il piano degli indicatori di 9 grandi città italiane Milano è sesta, con un punteggio positivo che si è consolidato da 2,64 del 2016 a 3,69 del 2020.
Il comune di Napoli ha approvato il rendiconto 2020 solo da pochi giorni e dopo la diffida ad adempiere con minaccia di commissariamento inviata dal Prefetto agli incolpevoli consiglieri comunali.
Da anni in condizione di pre-dissesto e sottoposto a un piano di risanamento, il capoluogo partenopeo ha un disavanzo di 2,5 miliardi, che si è ulteriormente aggravato dal 2016 per la prescrizione di indicare tra gli accantonamenti 1,5 miliardi per il Fondo anticipazioni liquidità (Fal).
In notevole aumento a 4,4 miliardi i residui attivi, di cui oltre la metà appaiono inesigibili, cresce il Fondo pluriennale vincolato in conto capitale, in quanto solo il 20% dei 650 milioni di contributi agli investimenti promessi per il 2020, sono stati effettivamente riscossi. La quota accantonata per investimenti è nulla.
Il debito è passato da 3 a 4,5 miliardi, con mezzo miliardo in più di debiti da finanziamento e 800 milioni di debiti verso i fornitori che nel 2016 non risultavano.
La popolazione è diminuita di quasi 20 mila unità (8 mila nell’ultimo anno); la spesa per il personale (tra le più basse) si è ridotta da 345 a 258 euro per abitante; gli investimenti procapite sono aumentati da 187 a 270 euro (anche se i pagamenti effettivi sono la metà degli impegni assunti); la sostenibilità del debito finanziario e l’incidenza degli interessi passivi sono in diminuzione ma restano su livelli elevati; i fornitori sono pagati con 315 giorni di ritardo (quasi un anno) raddoppiato rispetto al 2016; i debiti fuori bilancio al 2,57% sono ben oltre la soglia consentita dell’1%; la capacità di riscossione delle entrate tributarie è di appena un terzo del totale e ha perso 10 punti percentuali in 4 anni; la capacità di pagamento della missione di spesa destinata al sociale è anch’essa assai bassa anche se in ripresa.
Nella graduatoria che sintetizza il piano degli indicatori di 9 grandi città italiane Napoli è ultima, con un punteggio fortemente negativo e in costante peggioramento dal 2016.

Il comune di Torino è da anni in una situazione finanziaria precaria e più volte di recente si è evocato il rischio di pre-dissesto. il capoluogo piemontese ha , difatti, un disavanzo di 888 milioni di euro, quasi tre volte quello del 2016 dopo l’iscrizione tra gli accantonamenti di 629 milioni per il Fondo anticipazioni liquidità (Fal) e il ricalcolo nel 2019 del Fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde).
A fronte di un saldo di cassa sempre nullo che crea problemi di liquidità nonostante il ricorso ad anticipazioni presso l’istituto tesoriere, i residui attivi sono stabili (anche se il 55% è di dubbia esigibilità) e quelli passivi in diminuzione.
Il debito si è ridotto di oltre mezzo miliardo, con quello da finanziamento passato da 3,7 a 3,3 miliardi e quello verso i fornitori da 366 a 216 milioni. La popolazione è diminuita di quasi 30 mila unità (di cui 9 mila nell’ultimo anno); la spesa per il personale è scesa da 459 a 422 euro per abitante; il grado di esternalizzazione dei servizi rispetto al totale della spesa corrente è molto basso (circa un terzo di quello di Milano); gli investimenti procapite sono raddoppiati da 78 a 160 euro; la sostenibilità del debito finanziario è rientrata al di sotto del valore soglia del 16% ma resta su livelli elevati; i fornitori sono pagati con 58 giorni di ritardo, peggio dei 42 del 2016, a causa soprattutto della carenza di liquidità; la capacità di riscossione delle entrate tributarie è appena al 60% del totale, con un peggioramento nel solo 2020; la capacità di pagamento della missione di spesa destinata al sociale è al 70%, ma va migliorata.
Nella graduatoria che sintetizza il piano degli indicatori di 9 grandi città italiane Torino è penultima, con un punteggio fortemente negativo ma stabile dal 2016.
Il comune di Bologna gode di buona salute sotto il profilo della gestione economico-finanziaria. il capoluogo emiliano ha visto crescere l’avanzo dai 22 milioni del 2016 ai 70 del 2020. Il saldo di cassa è sostanzioso (415 milioni), i residui attivi stabili (con il 50% di dubbia esigibilità), in aumento quelli passivi e il Fondo pluriennale vincolato in conto capitale.
Il debito è assai contenuto a 253 milioni e in diminuzione rispetto al 2016, con un calo di quello da finanziamento e un aumento del debito verso i fornitori.
La popolazione è in aumento di 5 mila unità (essendo scesa di appena un migliaio nell’ultimo anno); la spesa per il personale è stabile a circa 440 euro per abitante; il grado di esternalizzazione dei servizi è contenuto a un terzo della spesa corrente; gli investimenti procapite sono cresciuti da 151 a 191 euro per abitante; la sostenibilità del debito finanziario e l’incidenza degli interessi passivi sono prossime allo zero; i fornitori sono pagati con 21 giorni di anticipo rispetto alla data di scadenza delle fatture; la capacità di riscossione delle entrate tributarie è prossima all’80% del valore accertato; la capacità di pagamento della missione di spesa destinata al sociale è ancora su buoni livelli, ma in peggioramento.
Nella graduatoria che sintetizza il piano degli indicatori di 9 grandi città italiane Bologna è al primo posto, con un punteggio solidamente positivo e stabile dal 2016.