In attesa del Foia (all’italiana), deludenti le relazioni anticorruzione negli enti di ricerca

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca
FOIA

Il 15 gennaio scorso, per tutte le amministrazioni pubbliche, è scaduto il termine per pubblicare sul proprio sito internet la relazione del responsabile per la prevenzione della corruzione, per l’anno 2015.

Tra gli enti pubblici di ricerca, solo 13 amministrazioni su 20 sono finora adempienti [1]. Mancano all’appello Enea, Area Science Park di Trieste, Indire [2], Invalsi, Istituto italiano di studi germanici, Museo Fermi e Stazione Zoologica di Napoli.

Dal quadro tracciato dai responsabili anticorruzione, gli enti di ricerca appaiono come un’isola felice. In nessuno di essi si è verificato un evento corruttivo, anche se in qualche caso, come ad esempio il Cnr sui noti fatti di Pisa, viene qualche dubbio sulla veridicità delle affermazioni.

In tutto, gli enti di ricerca hanno registrato solo 6 segnalazioni (tutte al Cnr), che prefigurano responsabilità disciplinari o penali legate ad eventi corruttivi (erano 10 lo scorso anno, inclusi i 4 dell’Enea); sono stati avviati 5 procedimenti disciplinari (1 all’Ispra e 4 al Cnr) per fatti penalmente rilevanti a carico dei dipendenti (erano 17 lo scorso anno, di cui 7 all’Enea); 4 di essi sono riconducibili a reati relativi a eventi corruttivi (tutti al Cnr).

In 8 enti su 13, è stata attivata una procedura per la segnalazione di illeciti da parte di dipendenti (whistleblowing), anche se nella maggior parte dei casi si tratta di una semplice email, più o meno riservata, che ha consentito di raccogliere 18 denunce (13 all’Ispra, 3 al Cnr e 2 al Cra), 3 in più dello scorso anno (15, tutte all’Asi).

Ai 13 enti adempienti sono pervenute in tutto 20 richieste di accesso civico, ma i conti non tornano considerando che ben 17 di esse sono state inviate dal sindacato Usi-Ricerca anche a enti come Cra, Indam, Iss e Ogs, che invece dichiarano di non averne ricevuta alcuna.

Resta da decifrare cosa sia accaduto all’Istat, cui sarebbero pervenute “11 richieste totali di cui 8 non pertinenti e 1 pertinente inoltrata dall’indirizzo PEC generale dell’Istituto. Delle 4 richieste pertinenti complessivamente pervenute, una ha dato corso ad un adeguamento nella pubblicazione dei dati mentre un’altra, giunta in data 21 dicembre 2015, è ancora in lavorazione”.

Sembrerebbe potersi dedurre che l’Istat si è inviata da sola una richiesta di accesso civico (dal proprio indirizzo Pec!), che, a dispetto dell’aritmetica, 11 meno 8 fa 4 e che, infine, due richieste di accesso civico sono finite nell’oblìo.

Al di là di alcune amenità, si può ritenere che gli enti di ricerca, in disparte gli adempimenti formali, non sembrano prestare molta attenzione ai temi della trasparenza e della prevenzione della corruzione.

E, a giudicare dalle prime bozze in circolazione, le cose potrebbero persino peggiorare con il Freedom of Information Act (FOIA) all’italiana, contenuto nella legge delega sulla riforma della PA, che anzichè favorire la piena accessibilità a tutte le informazioni possedute dalle pubbliche amministrazioni, modifica in senso peggiorativo la legge anticorruzione (190/2012) e il decreto legislativo sulla trasparenza (33/2013).

[1] Verifica effettuata il 25 gennaio.
[2] E’ presente il link, ma si accede alla relazione 2014.